Il Decreto Legge 17 marzo 2020 n. 18 detta una serie di disposizioni in materia di ritardi o inadempimenti contrattuali derivanti dall'attuazione delle misure di contenimento. L'art. 91 comma 1 del sopra menzionato decreto prevede:
"All'articolo 3 del Decreto Legge 23 febbraio 2020, n. 6, convertito con modificazioni dalla legge 5 marzo 2020, n. 13, dopo il comma 6, è inserito il seguente: "6-bis. Il rispetto delle misure di contenimento di cui presente decreto è sempre valutata ai fini dell'esclusione, ai sensi e per gli effetti degli articoli 1218 e 1223 c.c., della responsabilità del debitore, anche relativamente all'applicazione di eventuali decadenze o penali connesse a ritardati o omessi adempimenti.". Il Decreto in sostanza considera giustificabile la ritardata o mancata esecuzione della prestazione se questa circostanza è conseguenza delle misure restrittive per il contenimento dell’epidemia. Una prima applicazione del principio sopra citato è stata effettuata con provvedimento del 03.04.20 dal Tribunale di Napoli - Sezione Volontaria Giurisdizione, il quale, nel contesto dell'omologazione di un piano del consumatore ex art. 12bis L. 3/2012, ha accolto l'istanza di differimento al 01.10.20 del pagamento delle relative rate a causa della messa in cassa integrazione dell'interessato connessa all'epidemia da COVID-19. Il Giudice Delegato ha giustificato il rinvio proprio ai sensi dell'art. 91 del D.L. 6/2020 "Cura Italia", il quale, nonostante sia "riferito a vicende contrattuali e non a vicende caratterizzate da profili procedurali in senso ampio come il caso del piano del consumatore, può essere considerata norma di carattere generale per la interpretazione delle conseguenze dell'attuazione delle misure di contenimento del Coronavirus". Il Giudice nella fattispecie ha quindi ritenuto la disposizione del D.L. "Cura Italia" uno "strumento per valutare l'istanza di differimento del termine da cui iniziare a far decorrere l'adempimento delle obbligazioni assunte con il piano del consumatore". Il provvedimento è interessante perché apre la possibilità ad applicazioni del principio anche oltre l'istituto dell'omologa del piano del consumatore. Il Tribunale infatti così prosegue:
"Fin qui emerge che non è stato necessario ricorrere alle norme generali che disciplinano i modelli civilistici della rilevanza della impossibilità sopravvenuta della prestazione, ma non si può tacere che, se non ci fosse stata la sopra detta disciplina speciale, proprio la ratio che ispira l'art. 91 sopra citato e le norme del codice civile che dettano la disciplina dell'inadempimento (o della impossibilità dell'esatto adempimento) da parte del debitore per causa a lui non imputabile sarebbero state utili a chiarire i termini della questione, ed ancor prima le norme sulla buona fede, correttezza e l'equità come ulteriore fonti immanenti ogni rapporto obbligatorio [...] e a tali principi il legislatore fa espresso riferimento anche nel Codice della Crisi laddove all'art. 4 rubricato 'doveri delle parti' si disciplina l'obbligo del comportamento del debitore e del creditore secondo buona fede e correttezza e il dovere di leale collaborazione tra le parti coinvolte nelle procedure di composizione della crisi e nella loro esecuzione".
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